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Via da Taurasi

Via da Taurasi. La Fiera Enologica del vino, dopo una storia di quindici anni, si sposterà a Venticano. La decisione è stata presa dalla Pro Loco, motivata in una dura lettera che il presidente Cesare Monaco ha scritto dopo uno scontro con l’amministrazione comunale. Quest’ultima non avrebbe concesso le necessarie autorizzazioni. E poi ci sono accuse e veleni sull’organizzazione delle edizioni. La manifestazione dovrebbe quindi tenersi in un complesso fatto di stand e capannoni. Non più tra le piazzette e i vicoli di Taurasi, ma tra gli stand di Venticano. La fiera conserverà il nome: Taurasi. Fin qui la notizia, rilanciata dal sito Piueconomia. Una decisione che di sicuro farà discutere. Sui social c’è chi attacca il sindaco e chi invece chiede spiegazioni alla Pro Loco sui proventi di anni di attività.

Ma la notizia non stupisce. Quella vera (consumatasi negli anni) è che il paese del vino continui a non essere il paese del vino. Come anche altri del resto.

In terra d’Irpinia è quasi impossibile acquistare o degustare. Altro che “non abbiamo niente da invidiare a Umbria e Toscana”. Un dato di fatto, reso ancora più triste dal fatto che i vigneti locali siano nella top-ten dei più quotati in Italia. Taurasi è realtà regina in quanto a fama e produzioni. Ma se volete visitare una cantina al volo dovete trovare l’ottimo Antonio Caggiano, che vi condurrà nel suo museo della bottiglia universalmente riconosciuto come una perla. Sì, ma devi trovare lui oppure la cantina. E non è sempre semplice.

Taurasi come molti altri Comuni del vino non invita all’acquisto o al consumo. Per comprare devi conoscere, perderti tra i vigneti, scovare sconosciuti luoghi nascosti tra le stradine o le campagne. E c’è poco di poetico in tutto questo. In Irpinia, parliamo in generale, sono rarissimi i luoghi per la degustazione e per il successivo acquisto. Tralasciamo i discorsi su brand e promozione. Sull’expo o sull’importanza dell’export. Parliamo dei luoghi. Taurasi è un paese come tanti altri e non dovrebbe essere come gli altri. Qui un museo del vino chiuso quasi per tutto l’anno non contribuisce a migliorare la situazione. Un paese come gli altri per 11 mesi all’anno. Con le caratteristiche positive e negative degli altri.

Ora citiamo Montepulciano: non per un raffronto impietoso ma solo per parlare di organizzazione. Qui i punti per l’acquisto delle produzioni locali sono posizionati a misura di cliente, nei principali accessi del paese. Il percorso ideale prevede una rapida visita ai negozi da asporto con una bella degustazione a prezzi accessibili. Si sale verso il centro storico e iniziano a spuntare i primi ristoranti. Il turista dà un’occhiata ai prezzi e ai locali. Poi continua il suo tour nelle piazzette o tra le chiese. Scatta un po’ di foto, ridiscende ed entra nel ristorante. Prima di andare via troverà nei pressi delle uscite, e vicino ai parcheggi, le botteghe che lo avevano accolto all’arrivo. Qui comprerà il vino, che riporrà in macchina prima di raggiungere un altro paesino come Pienza o Cortona. Tutto estremamente scientifico. Certo lì c’è il turista. Ma qui (a Taurasi come altrove) manca la base finanche per l’irpino: per quel povero irpino che porta in giro gli amici-visitatori in un difficile tour degustazione tra enoteche inesistenti e indicazioni carenti.

L’Irpinia non sarà mai la Val d’Orcia, su questo solo un pazzo può avere dei dubbi. Però il caso Taurasi fa rabbia. Nell’ultimo borsino dei vigneti le rilevazioni aggiornate del sito specializzato Winenews.it indicano che le quotazioni più elevate si raggiungono in Piemonte nella zona del Barolo. Fino a un milione di euro a ettaro. Secondo posto per i vigneti dell’Alto Adige, sui 500mila euro. Poco meno in Valpolicella, sui 350mila nella zona del Barbaresco. Scendendo, ma si parla sempre del top, troviamo l’area del Prosecco, del Franciacorta e del Chianti (superiori ai 200mila euro). Entrano nella Champions dei vigneti l’Etna e quindi l’Irpinia (zona Taurasi). Qui si parla di 50-60mila ad ettaro. Insomma… noi valiamo.

E dunque ulteriori elementi, emersi all’ultimo Vinitaly e che potrebbero emergere all’Expo, rendono il sorso di un Taurasi ancora più amaro. Soprattutto se non puoi bere a Taurasi. La Fiera emigra e la cosa non stupisce. Magari può essere l’occasione per ripensare il paese o l’intera zona. Magari per ripensare la stessa Fiera. Non ce ne voglia il presidente della Pro Loco, ma qualche cosa andava comunque rivista. Una manifestazione che ha giustamente puntato sulle presenze di agosto ma senza tenere viva l’attenzione nel resto dell’anno.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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  • …"il paese del vino non è il paese del vino"…

    Accade dappertutto, non solo a Taurasi! Accade in tutto il Mezzogiorno. C’è il paese del caciocavallo che non è il paese del caciocavallo, e quello del torrone che non è il paese del torrone, e quelli di altri prodotti di qualità che non sono paesi di quei prodotti.

    È una caratteristica di quei paesi, in questo caso, come in altri, è una negatività che nessuno ammette, che nessuno esamina, di cui nessuno ha consapevolezza, ma è presente e connaturata con quei paesi e con quella gente.
    È quella stessa gente che si lamenta per l’atavica mancanza di lavoro, per il mancato sviluppo, per la continua emorragia di giovani in cerca di lavoro, altrove.

    Tutti quei comuni, non solo Taurasi, non invitano all’acquisto o al consumo.
    Basti un esempio per tutti, lo scorso anno è stata lanciata sul mercato la pasta di grano duro del senatore Cappelli, col grano del Formicoso, antico granaio dell’alta Irpinia, un prodotto di qualità elevata, che dovrebbe essere vanto per i produttori e per il circondario, ma non si conoscono i punti vendita. Idem per alcuni formaggi di pregio, come quelli prodotti col latte nobile del Formicoso, ma nessuno sa indicare dove comprare uno dei prodotti tipici.
    Solo quest’anno, con la trasmissione televisiva Linea Verde, si è potuto conoscere l’allevatore e il produttore, ma nessun comune ha proposto su propri siti internet, o con altri mezzi di comunicazione notizie al riguardo.

    Molti anni fa c’era un paese famoso per la maratona e per la Ciclotturistica, manifestazione ciclistica amatoriale che, ad ogni edizione, con percorsi differenti, presentava paesi diversi, illustrandone le caratteristiche e le produzioni. Entrambe le manifestazioni erano giunte ad ottimo livelli, pronti per la fase nazionale, ma nessun paese ha capito la loro importanza, malgrado la partecipazione elevata di maratoneti e ciclisti provenienti anche dall’estero.

    Si dovrebbero reinventare quei paesi, partendo dalla creta, non per costruire mattoni ma teste nuove da cui escano pensieri avanzati, aperti, leggeri, collaborativi per realizzare il bene comune, con l’Antonio di turno che illustri il museo di ogni prodotto simile ad una perla, senza andare a cercarlo ovunque, ma nei luoghi in cui sai di trovarlo certamente…

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