Più Sud nel Governo e nel PD, più unità tra Regioni del Mezzogiorno, più idee progettuali capaci di vivere nel lungo periodo, più interventi strutturali e meno politiche emergenziali. Questi in estrema sintesi gli spunti emersi dal tavolo “Il Sud tra decadenza e rinascita”, moderato da Samuele Ciambriello e tenutosi nel pomeriggio ad Avellino alla Casina Del Principe.
“Il dato Svimez che più mi colpisce – ha esordito Antonio Bassolino, presidente della Fondazione Sudd – è quello demografico: stiamo vivendo uno tsunami con intere generazioni che vanno via senza che noi riusciamo a metterle in condizione di tornare”. Se Renzi ha ragionare nel chiedere di abbandonare la retorica della lamentazione tipica del Sud, è altrettanto vero che è necessario dare ai problemi del Mezzogiorno nuova centralità. “Bisogna darsi continuità nel parlare di Sud”, ha incalzato perché non è possibile pensare che si possa risolvere tutto con la convocazione di una direzione nazionale PD in piena estate. L’ex governatore campano ha utilizzato un excursus storico per evidenziare come dal crollo del muro di Berlino in poi in Italia le classi dirigenti non sempre si sono mostrate all’altezza della sfida e questo ha avuto come punto di approdo l’incapacità di programmare. “Le risorse Ue da aggiuntive sono diventate sostitutive. Quelle ordinarie, anziché aumentare, sono state ridotte. Invece – ha sottilineato – le une e le altre dovrebbero cumularsi”. Poi il monito: “Ci vuole unità tra le Regioni del Sud per fare la voce grossa a Roma. Altro che esercito, i problemi si risolvono aprendo più scuole, con più maestri”.
Un concetto, quella della necessaria unità, ribadito anche dalla presidente del Consiglio regionale Rosetta D’Amelio che ha ricordato: “Bassolino aveva costituito un coordinamento delle Regioni del Mezzogiorno, ma all’epoca c’era Berlusconi al governo e non avevamo un riferimento nazionale. Oggi il quadro è mutato”. Le 2700 crisi aziendali della sola Campania chiamano il PD a maggiore responsabilità proprio in ragione della favorevole contingenza storica che vede tutto il Sud governato dal centrosinistra. “Ad esempio – ha continuato la D’Amelio – vorremmo capire se la Coesione sociale resterà ancora nelle mani di Delrio”.
Contrario a interventi spot per il Sud o all’istituzione di speciali commissioni anche l’ex presidente della Provincia Luigi Anzalone. “Servono menti pensanti – ha attaccato – e non questi parlamentari. Serve nel Mezzogiorno la fine del Medioevo clientelistico e l’arrivo dello Stato di diritto. La Dc prima di Andreotti era stata il più grande partito di centrosinistra. Dopo è diventata antistato”.
Più tecnico l’intervento di Silvio Sarno che assieme a Paolo Foti completava il tavolo dei relatori. “I dati numerici sono drammatici e questo è dovuto al fatto che per una lunga stagione il mondo delle imprese ha fatto man bassa delle risorse dello Stato senza creare progetti capaci di effetti sul lungo periodo. Ci siamo accontentati del benessere – ha tuonato l’ex numero uno degli Industriali irpini – e non abbiamo prodotto sviluppo. Nel 2004 come Confindustria denunciavamo che l’ascensore sociale era bloccato. Ora ci vorrebbe qualche politica di destra applicata a idee di sinistra”.
Per l’imprenditore avellinese non è anacronistico parlare di sviluppo attraverso le infrastrutture. “L’ultima opera strategica in Irpinia è stata la A16! Abbiamo la Ema è vero – ha sottolineato – ma se non le costruiamo attorno una struttura logistica di supporto quanto resterà ancora in Irpinia?”. Di qui la necessità di interventi strutturali che tengano conto anche di un altro dato e cioè che la Campania non può fare a meno del settore manifatturiero. “Il turismo cresce dello zero virgola, non possiamo pensare di tenere in piedi tutto con Pompei. Bisogna mettere nella disponibilità anche gratuita, di quegli imprenditori che hanno seriamente voglia di investire, i tanti capannoni dismessi delle nostre aree Asi”.
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