“Scegliemmo Calitri perché eravamo e siamo convinti sia attrattiva per gli investimenti, però noto un atteggiamento diffuso di voler sempre qualcuno che risolva i problemi per gli altri. L’Alta Irpinia ha un coefficiente di attrattività molto elevato per la posizione strategica di cui gode, nel centro di un triangolo di potenzialità con i porti, la Fiat di Melfi e il polo pugliese del mobile. Il problema è creare reddito e valore a partire da tutto questo”. Luigi Iavarone è uno dei pochi imprenditori che nell’area industriale Asi di Calitri, dove oggi lavorano solo un centinaio di persone a fronte delle circa 770 previste, è rimasto. Nonostante molti siano fuggiti.
Un’azienda, la sua, da circa 9 milioni di fatturato, operante nel settore del legno e che sta lavorando, assieme alla vicina Holzbau e in accordo con l’Università della Basilicata e la Federico II, alla creazione di un polo del legno per un investimento iniziale di 30 milioni di euro.
Il rappresentante del ramo Innovazione di Confindustria Campania è intervenuto al forum su ambiente e Progetto Pilota di Calitri. Un intervento incisivo: “Dobbiamo entrare nei network internazionali senza piangerci addosso, creare partnership con le aree interne di Svezia o Germania. E soprattutto creare un tavolo delle multinazionali che operano in Irpinia e in particolare in Alta Irpinia. Non energetiche, sia chiaro”. Una precisazione d’obbligo vista la presenza in sala dei comitati contrari all’eolico selvaggio. “E dobbiamo puntare sulla bioeconomia – ha continuato – di cui l’Irpinia deve diventare il baricentro nazionale attirando investimenti bancari. Con un pool di esperti e 3 miliardi di euro da destinare al Sud, Intesa Sanpaolo è già pronta. Pochi giorni fa, il gruppo Fantoni (proprietario della Novolegno di Pianodardine, ndr) ha dato il suo assenso al nostro progetto di valorizzazione della risorsa forestale. Con i finanziamenti pubblici si può fare poco, serve il coinvolgimento dei privati”.
Nella sola area industriale di Calitri i lotti assegnati ad attività fallite o mai avviate sono sei. La famosa 219/81 impegnava le aziende assegnatarie di finanziamento a raggiungere nell’arco di 4 anni un livello di produttività o di occupazione del 75% rispetto a quanto approvato nei progetti. A quel punto, si poteva ottenere il trasferimento di proprietà del lotto assegnato e già occupato. Soglia portata al 50%, anche solo per uno dei due obiettivi, dalla legge 266 del ’97. Risultato? Troppi imprenditori, intascati i finanziamenti, hanno fatto i bagagli lasciando capannoni vuoti, a volte fittati ad altre attività, altre no. Una legge regionale sul riutilizzo dei suoli industriali, firmata nel 2012 proprio da D’Amelio e Foglia e recepita un anno dopo dalla riforma Caldoro delle Asi, interveniva sulla materia, ma senza riuscire a produrre risultati concreti.
Il quadro potrebbe sembrare desolante. Nonostante questo però l’Alta Irpinia è terra di investimenti di diverse multinazionali (Rolls Royce e Ferrero, solo per citarne alcune) che crescono in fatturati e dipendenti. Da qui nasce la proposta di Iavarone, alla quale non è rimasta indifferente neppure il sindaco di Sant’Angelo, Rosanna Repole. “Accolgo benissimo la proposta del dottor Iavarone, speriamo di incontrarlo prestissimo per approfondire. Sul fronte ambientale – dice cambiando registro – ribadisco che nel mio Comune non ci sarà spazio per l’eolico. Anzi, il vincolo paesaggistico è l’obiettivo da darsi per tutta la zona”. In apertura era intervenuto il segretario della Cna Lucio Fierro che aveva duramente criticato il Progetto Pilota: “La difesa dell’ambiente può essere fatta – ha puntualizzato – ma così è la difesa di un cimitero. Mi dispiace per De Mita, però questo progetto deve essere qualcosa di diverso dall’ennesima erogazione a pioggia di fondi. Deve creare lavoro”.
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