La versione di De Mita nel libro sulle Aree Interne

“Io sono nato e cresciuto in questo pezzo di territorio, e quando ho accettato la candidatura a sindaco avevo l’illusione di farlo crescere ancora. L’attaccamento all’Alta Irpinia è stata una fortuna: questo mi ha permesso di non perdere mai la consapevolezza della realtà quotidiana dei più, in questa terra e dovunque nel Paese”. A parlare è Ciriaco De Mita, sindaco di Nusco e presidente della Città dell’Alta Irpinia, il soggetto nato all’interno della sperimentazione della Strategia nazionale Aree Interne in provincia di Avellino.

Meglio conosciuta come Progetto Pilota l’esperienza, che 25 Comuni altirpini stanno portando avanti insieme a decine di altri territori in giro per il Paese, è stata oggetto del libro “La voce dei Sindaci dei Comuni delle “Aree Interne” – Problemi e prospettive della Strategia nazionale” scritto da Sabrina Lucatelli del Comitato tecnico aree interne (CTAI) e da Francesco Monaco responsabile Area politiche di coesione dell’ANCI. Il testo lo scorso ottobre è stato presentato a Roma alla presenza del ministro per il Sud Barbara Lezzi e ieri è stato reso disponibile online da Fondazione Ifel. Contiene, tra le altre cose, un’intervista all’ex presidente del Consiglio dei Ministri, oggi appunto a capo della strategia in Alta Irpinia.

Un impegno, il suo, che almeno teoricamente volge al termine, perché a maggio scade il mandato da sindaco di De Mita. Anche se potrebbe decidere di ricandidarsi ed eventualmente essere riconfermato alla guida del Comune di Nusco. Certo è che, pure nel libro, l’ex segretario della Dc non nasconde il suo grande interesse per il Progetto Pilota. La prospettiva di avviare la Strategia nazionale aree interne è stata, probabilmente, la ragione prevalente che mi ha indotto a candidarmi a sindaco. Questo argomento nasce con l’ultimo ministro per il Mezzogiorno, Carlo Trigilia, che era molto bravo, e con lui c’erano Fabrizio Barca e mio nipote (Giuseppe De Mita, deputato eletto nel 2013). Mi stimolava l’idea ipotizzata di una forma d’intervento analoga a quella che noi avevamo immaginato da ragazzi, ovvero rendendo i Comuni protagonisti”, confessa. E ancora: “Voglio contribuire a migliorare ancora la condizioni di chi vive qua: capisco che i più giovani avvertano le cose che mancano, ma io so dove eravamo e dove siamo arrivati. Qua non c’era luce, non c’era l’acqua, non c’erano strade, non c’erano medici, forse c’era qualche farmacia… l’indagine che la Strategia ha condotto ascoltando la popolazione del luogo, a mio avviso, era ricca di lamentele più che di prospettive“.

De Mita, ricordando gli interventi pensati assieme ai colleghi sindaci su sanità, scuola, azienda forestale e distretto museale, non nasconde le difficoltà incontrate per lentezze del livello romano, del Governo in particolare, e per la necessità di cambiare approccio alle questioni a livello locale. “Ho faticato a far capire a tutti gli amministratori dell’area che la Strategia, che invitava a ragionare su interventi che dovevano interessare l’insieme dei territori, segue l’unica strada percorribile. Che i piccoli comuni sono pezzi di una grande comunità, che i servizi devono essere garantiti a tutto il territorio. Questo ha comportato difficoltà, con la rivendicazione di autonomia, di libertà, in particolare da parte di chi amministra i comuni più grandi delle aree, che non vorrebbe perdere la centralità nel territorio. Personalmente, non ho mai immaginato di fare una cosa che si identificasse con il mio comune o con la mia figura, ma di aiutare gli altri a fare insieme, perché sono convinto che le cose che si fanno insieme riescono, e le cose che si fanno da soli non riescono, tranne il pensiero, perché ha altre radici”. 

Poi la conclusione: “Il riequilibrio tra aree interne e grandi centri diventa necessario, ma non riesco a individuare un’iniziativa dei governi caratterizzata da grande impegno. La Strategia è l’inizio di un riequilibrio naturale. È come mettere un ragazzo in biblioteca: vede i libri, e allora inizia a leggerli, e scopre che leggendo di più va meglio. Ma non viene obbligato a leggere”.

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