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‘Il vento e il vuoto’, il corto del Clan H per non dimenticare

In occasione della Giornata della Memoria, Salvatore Mazza ricorda i campi di sterminio con un cortometraggio prodotto dal CLAN H dal titolo: “Il vento e il vuoto” che da oggi 27 gennaio sarà su tutti i social in contemporanea.

Il vento nel vuoto è la memoria che ridà forma corporea al nulla; e il canto che restituisce le voci; è la rosa purpurea che resiste al vento nel bianco di una neve accecante, impietosa e ossimorica, come quella che ghiacciava ed imbiancava i campi della morte, nell’Europa dell’Est.

Un uomo solo cammina nella neve, lascia orme e forme, inciampa, cade, abbraccia isolchi insanguinati della vita, propria e di tutti gli altri, che fu interrotta, cancellata, non vissuta. E’ l’uomo che grida “perché?”, “c’era il mio Dio?”, “c’era l’uomo?”.  I suoi occhiali si appannano, gli offuscano la vista; gli occhi pietosi cercano la verità; le mani rincorrono il filo rosso del tempo, che lega il passato e il presente e il futuro. Si scopre che è un “non cresciuto”, “non diventato adulto”, rimasto nel vento e nel oblio.

L’aria è chiara, rarefatta. Il cielo è blu, trasparente, terso. In quell’aria, sotto quel cielo, spira il vento; soffia, sferza, annienta. E’ il vento della ferita, del tormento, del dolore. E’ sibilo stridulo, grido strozzato, respiro morente, silenzio.

Il vento ha una grande valenza simbolica nella poesia di tutti i tempi”, spiega Salvatore Mazza. “Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Montale l’hanno cantato: tragica proiezione della condizione infernale, infinito silenzio, assordante suono dell’eternità, perturbante manifestazione di una realtà esterna ostile, lento e veloce fluire del tempo.  E in Il vento nel vuoto c’è tutto questo e molto di più; perché esso diventa simbolicamente il vento della inconoscibilità dell’uomo e dell’imponderabilità storia che pervade le vicende individuali e collettive, e sconvolge le esistenze personali e le coscienze, conturbate, stravolte costrette al silenzio dell’inesistenza. E’ un dovere ricordare la Shoah, perché è stata un’insana partita a scacchi, in cui le mosse di un re che mangia in orizzontale e in verticale e in diagonale, appariranno sempre irregolari, incomprensibili, inaccettabili”.

Ma d’improvviso, quel vento diventa poesia e musica e canto: richiamo alla vita. Diventa miracolo, riesistenza e resistenza; diventa atto di pietà per gli uomini di ieri e per quelli di oggi e di domani monito al coraggio, sovversivo e salvifico: il coraggio della memoria, che è sì insanguinata, ma ripulita dalla neve ed accarezzata dal vento.

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