Allarme tra i Comuni, disagi enormi tra gli utenti. Benvenuti nell’emergenza idrica irpina. Benvenuti di nuovo. Come ogni estate ci risiamo. Le temperature sopra ai 30 gradi e quindi i maggiori consumi di acqua hanno portato l’Alto Calore a diramare i consueti avvisi alle amministrazioni. In questi avvisi sono citati guasti a impianti e condotte. Di conseguenza i sindaci scrivono “possibili interruzioni anche diurne”.
Comprensibile la rabbia dei cittadini che sui social network e non solo puntano il dito contro il principale gestore idrico della provincia (l’altro è l’Acquedotto Pugliese che non fa registrare le stesse difficoltà).
Proviamo a fare un po’ di chiarezza, perché il problema come al solito è a monte. Le condotte irpine, questo lo sanno anche i bambini, sono vecchie e malandate. Anche per questo l’Alto Calore, che non nasconde le criticità, si è dotato di tecniche di monitoraggio che consentono di rendersi subito conto del guasto e di intervenire più o meno prontamente a seconda dei casi e della posizione delle condotte critiche, spesso in zone impervie.
Allo stato delle condotte si aggiungono le criticità agli impianti di sollevamento dell’acqua. Quello importantissimo di Cassano Irpino risale ai primi anni 80. E’ almeno ufficialmente uno dei problemi principali. Mente d’inverno le interruzioni idriche, soprattutto in Alta Irpinia, sono dovute in larga parte “all’intorbidimento della sorgente Candraloni”. Territorio di Montella, dove l’intorbidimento avviene generalmente dopo piogge e smottamenti.
Il tutto – gli avvisi e le reazioni – si ripete con una cadenza quasi regolare. A ogni caldo corrisponde una crisi. Ogni grande pioggia ha come conseguenza la chiusura dei rubinetti: acqua non potabile. Succede quasi ovunque, da Montoro (che ha ancora i pozzi mezzi avvelenati) ad Ariano, da Montella a Sant’Angelo dei Lombardi.
A questo punto il presidente dell’Alto Calore Lello De Stefano chiederà un intervento della Regione sulle reti idriche. Solo con milioni di euro si pone fine al problema. Vediamo di cosa si parla. Le perdite per ogni comune vanno dal 35 al 70 per cento. Rifare una rete costa in media tre milioni di euro per ogni singolo territorio. E i territori da servire sono 127 (compresi quelli della provincia di Benevento). E allora ci vorrebbero risorse economiche per 380 milioni di euro e rotti. Togliamoci pure 80 milioni e diciamo che con l’accelerazione della spesa qualche comune interverrà proprio sulle reti idriche. Restano 300 milioni di euro, necessari per ripristinare totalmente il sistema di Alto Calore.
Sembra abbastanza plausibile che questi costi non verranno mai sostenuti a cuor leggero. E soprattutto non subito. Puoi chiamarti Caldoro o De Luca, in regione. D’Ercole o De Stefano all’Alto Calore. Puoi metterci destra o sinistra, oppure destra, sinistra e cinque stelle insieme, il risultato probabilmente non cambierebbe. Questi soldi sembrerebbero utopia nel breve termine. Non lo diventerebbero se le regioni del bacino meridionale trovassero il famoso accordo interregionale e iniziassero a studiare un sistema di compensazioni adeguato.
Che significa? Beh, Avellino fa convergere acqua a Napoli tramite le sorgenti del Serinese. L’Alta Irpinia (non solo Caposele) dà alla Puglia. Il virtuoso Acquedotto Pugliese fa registrare bilanci positivi per 40 milioni di euro ogni anno e all’Irpinia delle sorgenti offre pochissimo in cambio, anche questo è noto. Meno noti i paradossi di un ente idrico che nell’area industriale di Lacedonia (Avellino, provincia di Avellino) chiede a un’azienda il 30 per cento in più rispetto a Foggia.
Se le regioni trovano un accordo in termini di litri al secondo (in grado di salvaguardare anche il sistema fluviale) e di compensazioni economiche (ristoro), in Irpinia si potrà intervenire sulle sue vecchie reti. Del resto il raddoppio della galleria Pavoncelli costerà almeno 160 milioni. Ci sono due nuovi governatori in Campania e Puglia e dello stesso partito. Il Pd di Avellino si è occupato di richiamare costantemente l’attenzione sul problema negli ultimi cinque anni. Ma è un problema conosciuto benissimo anche dal Movimento Cinque Stelle che ora è in regione con sette elementi e in Parlamento con un irpino. Auspicabile un’azione comune, è un’occasione storica. E, altro auspicio, che si ponga la questione come una delle principali nelle zone interne!